giovedì 28 marzo 2013

Da Klee a Dalì...Se l'arte confina con la follia



Molti creativi hanno condotto esistenze al limite. Una mostra a Ravenna indaga il rapporto tra genio e follia, presentando una ricca selezione di opere, con artisti che abbracciano un vasto arco temporale, da Goya a Debuffet a Basquiat


"La follia è solo una maggiore acutezza dei sensi", sintetizzava Alda Merini e proprio la follia è il tema centrale della mostra "Borderline" che ha da poco aperto al Mar di Ravenna. L'esibizione presenta i lavori di oltre 20 artisti, da Bosch a Dalì, dall'Art Brut a Basquiat, che hanno dipinto e rappresentato paure, disagi, forme di alienazione e ossessioni. L'artista "genio e sregolatezza" è quasi un genere che attraversa tutte le epoche, in questo caso però l'indagine è più sottile, e maggiormente rivolta alla rappresentazione artistica, che deve contenere essa stessa il germe di una presunta "anormalità". L'esito finale è un viaggio in 5 capitoli (Disagio del corpo, della Realtà, Ritratti dell'anima, Terza dimensione e Sogno) negli angoli più bui della mente umana.

Già nella cultura europea del XX secolo diversi protagonisti delle avanguardie e psichiatri ruppero il tabù e studiarono le esperienze artistiche nate nei luoghi di cura per malati mentali. Queste produzioni erano prese in considerazione sia come sorgenti stesse della creatività o come medium rappresentativi del disagio dell'essere nel mondo, da comprendere al di là del linguaggio formale. Nel 1912 Paul Klee, in occasione della prima mostra del movimento artistico del Blaue Reiter alla Galleria Thannhauser di Monaco aveva individuato nei disegni infantili e in quelli dei malati mentali, processi puri di attività creativa. Mentre, nel 1945, Jean Dubuffet con l'Art Brut avvia una nuova ricerca in questa direzione.
La mostra, curata da Claudio Spadoni, direttore scientifico del museo, da Giorgio Bedoni, psichiatra, psicoterapeuta, docente presso l'Accademia di Brera, e da Gabriele Mazzotta, si apre con una ricca selezione di opere che rappresentano la dimensione introspettiva, di Hieronymus Bosch, Pieter Bruegel, Francisco Goya, Max Klinger e Géricault, e prosegue poi per sezioni tematiche.

Il Disagio del corpo raccoglie una serie di lavori in cui l'organismo diviene l'estensione della superficie pittorica e talvolta opera stessa nelle sue più sorprendenti trasformazioni, descritte in toni ludici, poetici, talvolta violenti. In questa sezione troviamo tra gli altri Victor Brauner, Corneille, Jean Dubuffet, Pietro Ghizzardi, Cesare Inzerillo, André Masson, Arnulf Rainer, Eugenio Santoro, Carlo Zinelli.
Nel Disagio della realtà sono presentate importanti opere di grandi protagonisti come Pierre Alechinsky, Karel Appel, Jean Dubuffet, Gaston Chaissac, Madge Gill, Vojislav Jakic, Asger Jorn e Tancredi Parmeggiani.

Ritratti dell'anima è lo spazio dedicato a una sequenza di ritratti e autoritratti con una forte componente psicologica, una delle forme di autoanalisi inconsapevole più frequente nei pazienti delle case di cura, con opere di Francis Bacon, Enrico Baj, Jean - Michel Basquiat, Pablo Echaurren, Sylvain Fusco, Pietro Ghizzardi, Theodor Gordon, Antonio Ligabue; sono inseriti poi emblematici manufatti di arte primitiva, provenienti dalle popolazioni indigene. Un'intera sala è dedicata ad Aloïse Corbaz, storica autrice dell'Art Brut. L'esibizione comprende opere di scultura, nella Terza dimensione del mondo si trovano inediti di Umberto Gervasi, Giuseppe Righi e ancora opere di arte primitiva.
Il sogno rivela la natura delle cose chiude l'esposizione e qui aleggia l'onirico come fantasma del Borderline, con una selezione di dipinti surrealisti di Salvador Dalì, Max Ernst, André Masson, Victor Brauner, oltre a dipinti di Paul Klee, grande estimatore dell'arte infantile e degli alienati, e dell'autore di Art Brut Scottie Wilson.

Notizie utili. Borderline-Artisti tra normalità e follia. Da Bosch a Dalì, dall'Art Brut a Basquiat

Mar - Museo d'Arte della città di Ravenna
Sarà aperta fino al 16 giugno 2013
Orari: fino al 31 marzo: martedì- venerdì 9-18,
sabato e domenica 9-19, chiuso lunedì
dal 1 aprile: martedì - giovedì 9-18; venerdì 9-21;
sabato e domenica 9-19, chiuso lunedì
Ingresso: intero: 9 euro, ridotto: 7 euro

martedì 26 marzo 2013

Il Novecento all'asta a Milano


Christie's inaugura "Milan Modern and Contemporary", asta in due sessioni interamente dedicata all'arte italiana

Il 22 e il 23 aprile debutta " Milan Modern and Contemporary”, una nuova tipologia d'asta dedicata all'arte moderna e contemporanea promossa da Christie's Milano. L'evento, articolato in due sessioni, si tiene a Palazzo Clerici e si rivolge alla fascia alta del mercato nazionale ed internazionale con un catalogo che include un totale di soli 95 lotti di qualità altissima provenienti da prestigiose collezioni italiane e internazionali, come spiega il Direttore Internazionale del Dipartimento di Arte Moderna & Contemporanea e Chairman di Christie’s Italia, Mariolina Bassetti. Si tratta, quindi, di una versione primaverile delle famose Italian Sale che si tengono a Londra in ottobre.

Protagonista delle aste milanesi sarà l'arte del Novecento. Tra gli highlights, le icone metafisiche di Giorgio de Chirico con le Muse inquietanti (stimato: €400.000- 600.000), le Piazze d’Italia (stimato: €200.000 – 300.000) ed Ettore e Andromaca (stimato: €500.000-700.000), tutte opere di collezioni diverse e che appaiono per la prima volta sul mercato. Tra i dipinti di Lucio Fontana numerosi Concetto Spaziale (con stime da €40.000 a €700.000), e una rara tela dalla serie dei Barocchi (stimata: €500.000-700.000). Tra le rarità anche il primo Autoritratto di Giacomo Balla, datato 1894 e acquisito direttamente da casa Balla.

FONTE: Nicoletta Speltra (lastampa.it)





lunedì 25 marzo 2013

Quando l'abito fa il potente: mostra e libro sulla genesi del potere maschile



PARIGI - La toga del civile Giulio Cesare (e il meno civile Bokassa), il tre pezzi, culottes-gilet-giacca, dell’ingessato Luigi XIV (e, culottes a parte, del più disinvolto John Fitzgerald Kennedy), l’uniforme e, all’occasione, il mantello d’ermellino di Napoleone, le maniche di camicia di Barack Obama fino al nostrano loden di Mario Monti: l’abito non farà il monaco, ma può fare un papa (vedi le scarpe rosse dell’ex pontefice) e comunque, di sicuro, fa il potere. 
Se non bastassero millenni di storia, governanti e vestiti a dimostrarlo, lo attestano, in contemporanea, ben due mostre e un documentatissimo libro in Francia. “Fashioning Fashion” al museo delle arti Decorative del Louvre, “Costumer le pouvoir, opéra et cinema” al Centro nazionale del costume di scena a Moulins e “Les habits du pouvoir - Une histoire politique du vêtement masculin” (edizioni Flammarion), 280 pagine di immagini, vestiti e analisi storiche compilate dai fratelli Gaulme, François, storico e antropologo, e Dominique, giornalista. La tesi è una: il potere si conquista, si perde e soprattutto s’indossa. 

I SIMBOLI
Fin dall’origine, pelli e pellicce prima ancora dei tessuti, sono servite più ad affermare uno status che a coprire le nudità o a riscaldare. Primo tessuto in mostra a Parigi, un enorme pezzo di stoffa circolare di circa sei metri di diametro: la toga. Niente di meno pratico e più simbolico. Lasciava libero soltanto il braccio destro e impediva la maggior parte dei movimenti: abito per chi gli ordini li impartiva e non doveva eseguirli. Giulio Cesare fu il primo a farne un abito da capo. Un paio di millenni dopo, l’idea fu ripresa da Bokassa primo, incoronato imperatore del Centrafrica il 4 dicembre 1977. Dall’opera dei fratelli Gaulme scopriamo che Cesare fu un precursore anche per le scarpe. Ne indossava soltanto di rosse, colore di principi, sacerdoti e dei. Ispirò in questo modo Luigi XIV, che lanciò la moda dei tacchi rossi a Versailles, e qualche altro papa a Roma. Sempre il re Sole decise di farsi cucire addosso il potere assoluto in tre pezzi: culottes, gilet e giacca. L’insieme, intessuto con fili d’oro e pietre preziose, costringeva a mantenere una postura delle più altere e ieratiche, del tutto in linea con la moda, anche politica, del tempo. «C’era una silhouette da rispettare – spiega Denis Bruna – con i giromanica molto stretti sulle spalle, l’abito obbligava a stare molto dritti, con il busto spinto in avanti… una tenuta impossibile da portare per qualcuno che dovesse svolgere un qualsiasi lavoro». 

DISTENSIONE
Con la democratizzazione del potere, anche i vestiti si distendono. Se Napoleone sdoganò in Occidente l’uso dell’uniforme (oggi ancora cara al russo Putin), è grazie al dandy inglese George Brummel che i re prima, e i presidenti e altri capi poi, poterono lasciarsi andare a un’eleganza più decontractée. Sostituite le culottes con i pantaloni, il re Giorgio IV alleggerì il tre pezzi del monarca osando colori come il verde mela o il rosa. Se oggi sarebbe impensabile esibire il sigaro come faceva con ostentazione Winston Churchill e il più liberal John Fitzgerald Kennedy, ha invece fatto scuola il gilet e il mocassino indossati senza timore dal più giovane dei presidenti americani. Costretti a viaggiare, a cambiare continuamente fuso orario e clima, a dormire in aereo, a lavorare in treno, resistere a riunioni maratona, i leader di oggi si concedono abiti in cui il confort è il primo segno di potere. Per i fratelli Gaulme, la corona di leader più elegante va al segretario dell’Onu Ban Ki-moon, «discreto con molta classe». A dettare legge resta però il capo del mondo libero Barack Obama, che può contare non solo sulla forza della Casa Bianca, ma anche su una forma longilinea. E non sempre scegliere la cravatta è facile: sbagliò tutto per esempio il neo eletto presidente francese François Hollande, che si presentò in rigido tre pezzi e cravatta al suo primo G8 a Camp David. Errore: nonostante l’importanza delle decisioni, la riunione in campagna imponeva il maglioncino (come bene scelse Mario Monti) o al massimo una camicia aperta sul collo. «Da questo punto di vista – analizzano gli esperti – la Francia ha sempre avuto difficoltà con le regole non scritte».

FONTE: Francesca Pierantozzi (ilmessaggero.it)

venerdì 22 marzo 2013

Boldini e De Pisis... Rotta verso Firenze

Ferrara-Firenze, "migrano" Boldini e De Pisis


Opere di artisti di altissima qualità come Giovanni Boldini, Gaetano Previati, Achille Funi, Carlo Carrà, Roberto Melli e Filippo de Pisis, hanno lasciato temporaneamente Ferrara. Il terremoto dell'Emilia Romagna non ha risparmiato i musei: e una parte dei capolavori delle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea, la cui sede è stata danneggiata, sono ora in mostra nella città dei Medici


Una importante e particolarmente apprezzabile iniziativa, ha evitato ad alcuni tesori d'essere x mesi e mesi chiusi in qualche deposito, in attesa di essere nuovamente esposti. Si tratta dei capolavori del Museo Boldini e delle altre raccolte d'arte moderna e contemporanea di Palazzo Massari a Ferrara, stabile che é stato danneggiato dal sisma nel maggio scorso che ha colpito l'Emilia-Romagna. Così un'ampia selezione di opere di artisti tra cui Boldini, Previati, Funi e De Pisis, ovvero dei più importanti artisti ferraresi dell'Ottocento e del Novecento, è ora esposta a Palazzo Pitti a Firenze, assieme ad un nucleo di opere di altri grandi maestri italiani come Boccioni, Carrà e Sironi. 

Come dicevamo, l'idea della mostra è stata sollecitata dalla chiusura del complesso di Palazzo Massari fino a quando non saranno eseguiti importanti lavori di restauro e ripristino.  Palazzo dei Diamanti, sempre a Ferrara, aveva già nello scorso ottobre ospitato la selezione, ma poi Firenze si è offerta affinché le opere fossero mostrate anche in un'altra città d'arte, e ciò non solo rileva l'importanza e la qualità del patrimonio di Palazzo Massari, ma aiuta a sensibilizzare alla salvaguardia di questo e di altri beni artistici danneggiati dal terremoto.
La raffinata mostra è distribuita tra palazzo Pitti e  Villa Barbini e le opere sembrano scelte per segnare il passaggio tra due momenti artistici: la transizione da un tipo di arte ancora figurativa, ad una più concettuale e meno legata alla rappresentazione del vero. A porsi al centro come perno risolutivo dell'evoluzione dal linguaggio pittorico, dettata da una nuova necessità espressiva, è decisamente l'evanescente ''Marina a Venezia" di Boldini, che vive di pennellate appoggiate con leggerezza e trascurata definizione, rivela il desiderio di esprimere principalmente suggestioni. Infatti qui Boldini, con forza rinnovata, sembra riproporre la sua grazia ritrattistica, ma con uno stile più evocativo che descrittivo, quasi alla de Pisis. 

Sono quindi messe a confronto opere realistiche, non solo di Boldini, ma tra gli altri anche di Alberto Pisa, di cui spicca ''Il Ponte di Charing Cross'', e ancora lavori di Bove e Carrà che bene sottolineano il passaggio ad una nuova stagione artistica. L'esposizione prosegue poi con dipinti e sculture che preannunciano la svolta delle avanguardie, come  le nature morte di Filippo de Pisis, le composizioni di Achille Funi, le sculture di Zucchini e le tele di Roberto Melli. L'esposizione è anche un'occasione per avvicinarsi e cogliere le differenze tra artisti che condividono la stessa città natale e percorrono strade diverse, ma i cui destini a tratti si incrociano sia geograficamente, sia artisticamente.  Boldini nasce a Ferrara nel 1842 e la sua lunga vita, si spegne a 89 anni, si conclude a Parigi.

Attraversa la ''Belle Epoque'' e arriva fino al primo conflitto mondiale, iniziando come  giovane pittore di belle speranze e arrivando ad essere un fulgido astro dell'arte internazionale. Filippo de Pisis, che pure nasce a Ferrara ma nel 1896, condurrà invece una vita avventurosa in varie città europee tra cui  Parigi e Londra, ritornerà infine in Italia. Le opere del suo ultimo periodo, durante il quale una lenta malattia lo consumò in una clinica milanese, risentono di un'intensità poetica eccezionale, di una netta opposizione a ogni forma di classicismo, e rivelano le sue straordinarie doti di colorista che lo pongono fra i più grandi pittori contemporanei.


Notizie Utili. Mostra Da Boldini a De Pisis. Firenze accoglie i capolavori di Ferrara
Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti e Villa Bardini
dal 19 febbraio al 19 maggio 2013
 
Orario della mostra alla Galleria d'Arte Moderna: martedì - domenica 8.15 - 18.50 (ultimo ingresso alle ore 18.00, chiuso il lunedì.
Prezzo del biglietto: intero € 13.00; ridotto € 6.50 per i cittadini dell'U. E. tra i 18 e  i 25 anni, gratuito per i cittadini dell'U. E. sotto i 18 e sopra i 65 anni.
 
Orario della mostra a Villa Bardini: martedì - domenica 10.00 - 19.00 (ultimo ingresso alle ore 18.00) chiuso il lunedì.
Prezzo del biglietto: intero € 8.00; ridotto € 6.00 riservato ai soci ACI e Touring Club e a chi sia in possesso del biglietto per il Giardino Boboli; ridotto € 4.00 per le scolaresche.

FONTE: Valentina Tosoni (repubblica.it)

domenica 17 marzo 2013

Tefaf 2013, antico e moderno alla fiera di Maastricht



Dal 15 al 24 marzo 2013


Opere d’arte, oggetti d’antiquariato e design: sono più di 260 gli espositori che con una selezione dei loro pezzi migliori danno il via al Tefaf Maastricht, importante evento annuale che attrae nei Paesi Bassi migliaia di visitatori, tra collezionisti privati, curatori di musei, professionisti del mercato e appassionati d’arte da molti paesi del mondo.  

La fiera si tiene al Mecc (Maastricht Exhibition and Congress Centre) dal 15 al 24 marzo 2013 e festeggia il suo venticinquesimo anniversario con una grande varietà di offerte, dalle tradizionali aree dedicate a dipinti e manufatti antichi, alle sezioni che presentano arte moderna e contemporanea, gioielli, design del XX secolo e opere su carta. 

Tra i pezzi in evidenza, una reliquia storica dell’attentato contro lo Zar di Russia Nicola II, presentata da Wartski di Londra, una delle prime opere del pioniere della fotografia William Henry Fox Talbot, un dipinto di Jan Brueghel il Vecchio, ancora di proprietà degli stessi nobili italiani di quando fu dipinto nel 1594, e una piastrella di Picasso ceramista datata al 1957. 

Per quest’edizione 2013, il Museo Van Gogh di Amsterdam concede uno straordinario prestito di 15 disegni in mostra, appositamente scelti per illustrare gli sviluppi del lavoro artistico del pittore olandese.

FONTE: lastampa.it

lunedì 11 marzo 2013

Il bianco e nero di Tina Modotti in mostra a Roma


L'AuditoriumArte espone dal 14 marzo al 7 aprile una sessantina di scatti della famosa fotografa di inizio Novecento

Imparò a fotografare da bambina, Tina Modotti, quando lavorava ancora come operaia di una filanda di Udine, la città dov'era nata nell'agosto del 1896. Un inizio tranquillo per un'esistenza che invece ben presto divenne straordinaria, fatta di vicende "romantiche e rivoluzionarie", come le sue foto migliori, che dal 14 marzo al 7 aprile prossimi, saranno esposte all' AuditoriumArte del Parco della Musica di Roma, in una mostra, "Tina Modotti, Fotografa", prodotta da CinemaZero e presentata dalla Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Contrasto.


Si tratta di una sessantina di scatti tra i più rappresentativi del suo percorso umano, politico e artistico che la portò prima ad emigrare in America e ad esordire nel cinema hollywoodiano e poi a trasferirsi nel Messico, quello di Dos Passos e Frida Kahlo, dove divenne un'attivista politica e nello stesso tempo raggiunse l'apice della sua carriera di fotografa. Fu allora che le immagini divennero per lei uno strumento di denuncia sociale. Solo con l'espulsione dall'America Latina e l'inizio della clandestinità, a cui seguì una misteriosa e prematura morte nel 1942, l'allontanarono da questa sua passione.

La mostra fa parte della rassegna che l'AuditoriumArte sta dedicando alle donne e all'obiettivo fotografico: dopo l'esposizione dedicata agli scatti che immortalano Charlotte Rampling, questa è la prima che documenta il lavoro di una donna dietro l'obiettivo. Protagoniste delle prossime mostre saranno le fotografe della mitica rivista americana LIFE e, a seguire, le giovani autrici italiane under 35 del collettivo Odd Days.

FONTE: Nicoletta Speltra (lastampa.it)







mercoledì 6 marzo 2013

Quirinale, Tiziano Vecellio show


Grande rassegna alle Scuderie. Quaranta opere tra cui l'Uomo con il guando, capolavoro dell'artista veneto, in prestito dal Louvre, e lo Scorticamento di Marsia, in arrivo dalla Repubblica Ceca. Sarà visitabile fino al 16 giugno


L'"uomo con il guanto" torna a Roma, da Parigi: il capolavoro di Tiziano, custodito al Louvre, fa rientro in Italia per la mostra "Tiziano", a cura di Giovanni C. F. Villa, alle Scuderie del Quirinale di Roma dal 5 marzo al 16 giugno 
2013. L'olio su tela, del 1523 circa, è solo uno dei tanti pezzi pregiati dati in prestito per la mostra dalle massime istituzioni museali italiane e straniere che hanno collaborato a questa grande esposizione di Tiziano Vecellio, uno dei primi pittori italiani ad avere inteso la produzione artistica come  produzione aziendale, per cui lavorò a stretto contatto con i mecenati dell'epoca. Sono rientrate in patria per la retrospettiva romana anche altre importanti opere finora ammirate "fuori sede", come "Carlo V con il cane" e l'"Autoritratto", entrambe conservate al museo del Prado di Madrid.

Dalla Repubblica Ceca è stato spedito il celebre dipinto "Scorticamento di Marsia", custodito al museo nazionale di Kromeriz: fa parte della serie di opere a sfondo mitologico ed è risalente all'ultimo periodo della vita di Tiziano, che morì a Venezia nel 1576, data certa al contrario di quella della sua nascita, a lungo discussa e quasi sicuramente individuata tra gli anni 1480 e 1485, a Pieve di Cadore.

Nella capitale sono arrivati da tutta Italia anche i capolavori esposti nelle diverse città del nostro Paese: "Il Concerto" e la "Bella" di Palazzo Pitti, la "Flora" degli Uffizi di Firenze, la Pala Gozzi di Ancona, il "Ritratto di Paolo III senza camauro" e la "Danae" di Capodimonte. L'occasione è più unica che rara, infatti, sono trascorsi più di vent'anni dall'ultima monografica: prima di Roma Venezia celebrò Tiziano con una retrospettiva a Cà Pesaro nel 1935, a cui seguì nel 1990 la mostra a Palazzo Ducale.

Ora alle Scuderie del Quirinale si rende finalmente di nuovo omaggio a uno dei massimi interpreti del Cinquecento europeo, con una mostra che ne evidenzia l'intero arco della sua attività pittorica, sempre alla ricerca dell'eccellenza e dell'innovazione legata soprattutto al colore. In totale le opere esposte sono circa 40 e ripercorrono, di decennio in decennio, le diverse tappe artistiche della carriera del pittore italiano, dai primi lavori veneziani a seguito dei maestri nelle botteghe di Giovanni Bellini e Giorgione (da cui imparò tutto sull'uso del colore che poi personalizzò con successo insuperabile a modo suo) fino ad arrivare alle committenze imperiali di Carlo V e poi del figlio Filippo II, passando per le grandi tele per i dogi, gli Este e i Della Rovere.

Da domenica 10 marzo la mostra sarà visibile anche accompagnati da bambini, da quel giorno infatti iniziano i laboratori d'arte per ragazzi fino agli 11 anni.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)