sabato 6 dicembre 2014

Eroticando, in mostra a via Veneto il lato “positivo” dei sette peccati capitali



E se la lussuria non fosse solo carnalità sguaiata ed eternamente insoddisfatta ma consapevolezza piena delle proprie sensazioni e coraggio di sorprendersi in dimensioni traboccanti di gioia? 

E se la gola fosse un modo quasi pittorico di “naturalizzare” la rotondità delle proprie forme trasformandole in frutti rosei, in acini succosi, in liquori che strappano il primato al nettare degli dei? E se la superbia fosse arte dell’eleganza e della seduzione senza urgenze; l’accidia una molle predisposizione verso un mondo che non capisce e che non ci dà gli stimoli giusti per esaltare il nostro io, le nostre risorse; l’avarizia un modo soave di gestire i propri doni perché non vengano sprecati dalla ruffianeria e dalla rapacità di chi ci osserva; l’invidia una croce e una delizia che ci sfianca dentro ma ci fa sentire presenti in mezzo alla differenza ingovernabile degli altri, e l’ira un prezzo da pagare a una serenità che non teme le prevaricazioni ma le morde o le previene?

Se i peccati capitali fossero “anche” questo, ci troveremmo senz’altro nel pieno del progetto artistico, ideativo, spirituale di Sandra Inghes, artista “visionaria”, come si diceva un tempo, quando l’esercizio artigianale dei pennelli e dell’acrilico, delle masse e dei contorni, era anche legato a una concettualizzazione pura e audace della vita, e non a una rimasticazione di stilemi e di deliri di onnipotenza, servi della provocazione fine a se stessa, dello star system.

Sandra Inghes, progettista d’interni e apprezzata pittrice, romana, classe ’58, ha inaugurato proprio ieri una mostra intitolata “Eroticando” (promossa dalla Apas, Accademia per le Arti, le Scienze e lo Sport), presso il Caffè Veneto di via Veneto, storico locale della Dolce Vita. Una mostra che intende proprio rivisitare i sette “peccati capitali”, dogma inaggirabile della cristianità, in chiave femminile, trovando in quelli che la fede cattolica ha sempre considerato come l’abbandono della retta via e l’allontanamento, volontario e colpevole, dalla luce di Dio, un motivo, invece, di riscatto, di slancio morale, paradossalmente di virtù.

In un melting che unisce nelle tele della Inghes l’astratto e il figurato in un impasto molto onirico e suggestivo, linee che richiamano delicatamente Botero, accostamenti cromatici alla Klimt e urti quasi espressionisti che ci turbano nei “folli” della pittura come Ligabue, ritroviamo una donna che si consegna, allo sguardo di chi si affaccia sul bordo di queste tele-abisso, come in una perenne metamorfosi, come se cercasse di uscire dal viluppo di organi e sangue e materia per ritrovare un divenire, una identità, una libera profferta di sé. Quella che la Storia le ha spesso negato, e con essa la nitidezza di un rapporto alla pari con l’uomo e un fiorire fuori dalle etichette normalizzanti e soverchianti delle religioni, dei poteri costituiti, dei mondi patriarcali, delle sopraffazioni moralistiche cieche e cicliche.

«La Lussuria, legata alla quantità del piacere, all’esaltazione della libidine, è nata per caso - dice l’autrice che quasi ci aiuta a passeggiare fra le sue opere-, da un accenno di onde marine che poi mi hanno dato lo spunto nel rappresentare il sesso femminile ben evidenziato, quasi trasfigurato, violentato ed un sesso maschile che può essere quasi scambiato per una mammella. L’Avarizia, l’ho rappresentata grazie a un corpo femminile graffiato e circondato da mille cose tra cui delle calle nere, sorta di imbuti per travasare non solo le cose materiali ma anche i sentimenti. La Superbia, con una donna nuda, di spalle, quindi già in atto di sprezzo, che si sistema vezzosamente un cappello e che, attraverso le sue autoreggenti, fa nascere il senso del peccato, della tentazione, rendendosi però inavvicinabile, inespugnabile e che gode nel degradare gli altri per emergere, ricercando la propria superiorità, per costringere a svilire o a negare l’effettività delle doti di beltà di altre donne e contrastarle come se fossero antagonisti pericolosi. La Gola rappresenta il piacere fine a se stesso attraverso una donna che si nutre di fichi maturi tanto da vomitarne l’eccesso che ha ingerito. L’Invidia: una croce di colore rosso che delimita la tela in quattro riquadri ognuno dei quali viene occupato dagli organi della digestione (fegato, bile e pancreas) e da un cuore trafitto da chiodi di ferro».

Nell’Accidia e nell’Ira è ancora più direttamente tratteggiato questo dolente contendere la vita da parte della donna ai condizionamenti esterni che sembrano sempre metterla a regime, disattivarla, privarla di scintille e focolai di rivolta. L’adagio dell’accidia è appunto un esserci, un essere lì, pronta a fare, a tessere le passioni, a manipolare il mondo, se solo ci fosse un abbraccio fatale e non una consegna di morte. E l’Ira stessa, simboleggiata dalle spire del drago e da una lingua infuocata, è come ponderata e pareggiata da una pozione di tranquillità e moderazione, di comprensione umana avvolgente, che aspetta lì nell’ombra della bestialità del mitico rettile per ridare la giusta misura a quel patire che ritrova bellezza, equamente nella battaglia come nell’ascolto.

“Eroticando” è la vera “mostra”, quella che ci riconcilia con i “mostri” che ci portiamo dentro, con le vertigini dell’anima, e che solo nella nobile arte del vedere possono trovare un guinzaglio o un nuovo paradiso dove pascolare docili e fruttuosi.

FONTE: Carmine Castoro (ilmessaggero.it)

lunedì 1 dicembre 2014

La materia, i colori e il nero. A Mantova il meglio di Miró

La materia, i colori e il nero. A Mantova il meglio di Miró

A Palazzo Te in mostra oltre cinquanta opere, a celebrare l'"estro creativo" del grande artista di Maiorca. Oli su tela, sculture e arazzi che in gran parte provengono dalla "sua" fondazione delle Baleari

Nelle scuole di Barcellona, Joan non era visto come un buon allievo: solo le lezioni di disegno del professor Civil lo stimolavano. Così, pur seguendo i suggerimenti dei genitori artigiani, che lo volevano iscrivere alla scuola commerciale, lui scelse di studiare parallelamente anche alla Scuola di Belle Arti della Llotja. Mai decisione si rivelò più azzeccata, dal momento che ci ha regalato un artista ineguagliabile come Joan Mirò  (1893 -1983).

In questi giorni, una grande mostra, alle Fruttiere di Palazzo Te di Mantova lo celebra:  "Miró. L'impulso creativo", realizzata in collaborazione con la Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca e curata da Elvira Cámara López, direttore della stessa Fondazione. Sono esposte oltre cinquanta opere del maestro catalano, provenienti in gran parte dalla fondazione spagnola e raccolte in un percorso espositivo in cui, ad essere evidente, è tanto la sperimentazione che portò avanti l'artista, quanto i soggetti, i materiali e i colori preferiti da Mirò. Nella sezione "Il gesto" sono esposte opere - in genere tra i 130 e 195 centimetri di misura- che hanno come caratteristica principale e comune l'avvicinamento dell'artista alla materia. Molti oli e acrilici (quasi tutti senza titolo), sono stati realizzati su tela, su carboncino, con diversi modi di stendere il colore e per la maggior parte risalenti al '67.

Il rosso, il giallo, il blu, colori tipici di Mirò scompaiono nella sezione "La forza del nero", dove trovano spazio lavori che risentono dell'influenza di Mirò con la cultura giapponese.
Nelle sezioni "La sperimentazione con i materiali" e ne "Il trattamento dei fondi" si evince la grande sperimentazione che Mirò fece con i materiali: non solo olio e acrilico su tela ma anche elementi meno nobili come benzina, acqua sporca, succhi di fiori. Gessetti, cotone, iuta. Arazzi, terrecotte, bronzi, figure e forme, infine, lasciano spazio a pochi e minimali segni nella quinta sezione "L'eloquenza della semplicità" che raccontano in opere quello che fu un artista con grandi esperienze intellettuali e creative ma pur sempre semplice, lineare, non caotico, che seguiva e apprezzava le piccole cose quotidiane come ogni grande uomo è in grado di fare, nonostante la straordinarierà della sua vita.

Info utili
"Miró. L'impulso creativo"
a cura di Elvira Cámara López
Una mostra di: Comune di Mantova in collaborazione con Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca, 24 ORE Cultura, Arthemisia Group, Verona 83
Con il supporto di: Centro Internazionale d'Arte e di Cultura di Palazzo Te Fruttiere di Dove: Palazzo Te - viale Te, 19 Mantova
Quando: 26 novembre 2014  -  6 aprile 2015
Orari: Lunedì 13-19 Martedì - Domenica 9-19 Venerdì 9-23
Il servizio biglietteria termina un'ora prima

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)