domenica 29 marzo 2015

Quel primo Chagall che precorse il selfie

Quel primo Chagall che precorse il selfie

Roma. Con la mostra "Love and Life" arrivano al Chiostro del Bramante oltre 150 opere provenienti dalla Collezione dell'Israel Museum di Gerusalemme. Con molti autoritratti

C'è stato un tempo in cui gli autoritratti non erano ancora fotografici, ma realizzati a mano, con matite, acqua, colori. Tra i tanti artisti che li hanno scelti come forma espressiva, c'è stato anche Marc Chagall. Il pittore, nato in Russia nel 1887 e morto in Francia nel 1985 (a Saint Paul de Vence, luogo da sempre intriso di arte), non è di certo passato alla storia per i suoi autoritratti, eppure né realizzò molti: incisioni, puntasecca, numerose varianti, "con sorriso" e "con smorfia". Parecchi di essi sono  ora allestiti  (a parete e dentro tavoli- teche illuminati) nella mostra "Love and Life", al Chiostro del Bramante di Roma fino al 26 luglio. Un'esposizione, a cura di Ronit Sorek, che raccoglie circa 150 opere, tutte appartenenti alla collezione dell'Israel Museum (che ha collaborato alla realizzazione della mostra prodotta da DART Chiostro del Bramante e Arthemisia Group). La maggior parte dei lavori è stata donata direttamente dall'artista, o da sua figlia Ida, al museo di Gerusalemme, e si tratta soprattutto di disegni, gouache e litografie. Non un'occasione per rivedere i capolavori dell'artista che già conosciamo dunque, ma una retrospettiva focalizzata su alcune caratteristiche meno conosciute, introdotte e presentate anche attraverso video e una installazione di video-mapping (forma di arte contemporanea che raramente trova posto in mostre come questa).

In primis ci sono i lavori grafici, con cui sono stati raffigurati alcuni dei soggetti più importanti dell'intera produzione di Chagall, a cominciare dal paese natio che venne dipinto per tutta la vita: Vitebsk (in Bielorussia). Un grande spazio lo ha Bella, sua moglie e musa, presente in molte dediche e diverse opere (da qui il titolo della mostra "Love and Life"). Una sezione a parte è dedicata alle illustrazioni della Bibbia,  che rivelano la vena più "spirituale" di Chagall, quella che ama le religioni e le scritture.  Interessanti e divertenti sono le diverse "incursioni" storico-didattiche che si incontrano nelle otto sezioni dei due piani del Chiostro del Bramante. Vicino alle scale, prima di salire, c'è una gigantografia che fa conoscere ai visitatori la famosa stamperia parigina Mourlot: era lì, intorno a quegli antichi torchi, che Chagall lavorava, nello stesso luogo frequentato anche da Picasso, Matisse e Giacometti. Al secondo piano una stanza è interamente dedicata ai colori, in maniera ludica e "interattiva": nessuna novità elettronica, soltanto una parete piena di grandi calamite- magneti che raffigurano gli elementi più presenti nell'arte di Chagall con cui il visitatore può giocare, spostandoli a suo piacimento e "disegnando" il suo quadro ideale. Non solo ludico-didattica e scenografica: la mostra mette l'accento anche sul rapporto che nelle opere di Chagall si innesca tra arte e letteratura: ne è un esempio il frontespizio del libro "Le anime morte" dello scrittore russo Nikolaj Gogol, eseguito da Chagall su tavole  -  acqueforti  nel 1948.


INFORMAZIONI UTILI
Cosa: Chagall. Love and Life Opere dalla Collezione dell'Israel Museum
Dove: Chiostro del Bramante Via della Pace Roma
Costo biglietti: intero 13,00 euro, ridotto 11,00 euro  (in ogni caso audioguida inclusa)
Quando:  Fino al 26 luglio 2015  Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00 Sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00 (la biglietteria chiude un? ora prima). Ci saranno anche aperture straordinarie.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)
 

venerdì 27 marzo 2015

Nasce MUDEC, il museo delle culture

Nasce MUDEC, il museo delle culture


Taglio del nastro in anteprima per il Museo delle Culture all'ex Ansaldo. Due mostre, "Mondi a Milano" e "Africa", pensate per Expo2015, danno il via all'attività. Grande assente all'evento il progettista David Chipperfield, in polemica con l'amministrazione locale


Il Museo delle culture di Milano o meglio il MUDEC, l’acronimo funziona ed è già in bocca a molti, apre ora, ma l’inaugurazione vera e propria si terrà tra sei mesi. L’Expo2015 alla porte mette fretta e le due mostre con cui prende il via la sezione dedicata alle esibizioni temporanee “Mondi a Milano” e “Africa. La terra degli spiriti”, sono state pensate proprio per mettere in dialogo la città con l’esposizione universale. Da troppi anni si aspettava questo momento, nell’ormai lontano 2001 lo Studio David Chipperfield vinse il concorso internazionale per «La Città delle Culture», bandito dall'allora assessore alla Cultura e Musei Salvatore Carrubba con il direttore centrale Alessandra Mottola Molfino, artefici anche del Museo del Novecento all'Arengario. A causa di molti ritardi, l'apertura prevista nell'autunno 2014 è slittata, ma l’attuale assessore Filippo Del Corno ha  riorientato il progetto museologico, facendolo diventare  un “luogo dedicato all'interculturalità, dove le culture planetarie e quelle locali potranno confrontare le loro differenze e sintonie”, proseguendo il pensiero di Stefano Boeri, che della riconversione è stato il promotore e nonostante altre difficoltà, stavolta non si poteva rimandare. Su tutte la seria possibilità che la britannica archistar David Chipperfield si rifiuti di firmare il progetto. L’architetto starebbe intentando una azione legale contro l’amministrazione rea di non aver rispettato gli accordi su opere di finitura, in particolare le discromie riscontrate nella pavimentazione di pietra vulcanica dell’Etna. In effetti non tutte le lastre hanno la medesima tonalità e  alcune sono già leggermente scheggiate.

Detto ciò, architettonicamente il museo è molto accattivante. Distribuito su 17.000mq dell’ex complesso industriale dell’Ansaldo acquistato dal comune di Milano nel 1990, è uno spazio “leggero” non monumentale, non affaccia direttamente sulla strada, ma è all’interno di un cortile. Il piano terra accoglie i visitatori con bookshop, caffetteria, didattica, biblioteca, mediateca e ha al centro la grande scala. Percorrendola si inizia a vedere la cupola irregolare, avvolgente e spettacolare, corpo quadrilobato di vetro opaco, una sorta di bellissimo "fiore", e si giunge nella corte centrale, snodo di percorsi che portano all'auditorium, agli spazi per le esposizioni temporanee e a sale destinate ad ospitare piccoli nuclei delle raccolte etnografiche. La missione del Mudec sarà la ricerca e la divulgazione dell’arte proveniente da tutti i continenti, attraverso la programmazione espositiva, gli eventi collaterali e i laboratori creativi e multimediali, che garantiscano una crescita del patri8monio cognitivo rivolta soprattutto alle nuove generazioni. Nei suoi depositi, aperti al pubblico con visite guidate, confluiranno le Raccolte Etnografiche del Comune comprendenti oltre settemila opere, tessuti e strumenti databili dal 1.500 a.C. ai primi anni del XX secolo. Il percorso museale sarà allestito in autunno, dopo la conclusione dell’Expo.

Intanto, come dicevamo, si potranno visitare le due mostre inaugurali. “Mondi a Milano”, fino a metà luglio racconterà come le culture non europee sono state presentate al pubblico nel corso delle mostre di arti industriali ospitate nel capoluogo lombardo nella seconda metà dell’Ottocento, concepite come Esposizioni Universali, divenute poi Biennali e Triennali degli anni Venti e Trenta del Novecento. L’esposizione “Africa. La terra degli spiriti”, fino alla fine di ottobre, farà conoscere l’arte africana dal Medioevo a oggi, con un percorso espositivo che presenta oltre 200 pezzi tra opere della tradizione culturale e religiosa. L’intera attività del Mudec sarà gestita da una “governance mista”,  una partnership pubblico-privata tra il Comune e 24 Ore Cultura del Gruppo 24 Ore. Al soggetto privato spetterà la produzione delle esposizioni temporanee, mentre il comune curerà la collezione permanente. « 24 ORE Cultura amplia la propria offerta culturale affiancando il Comune di Milano nell'ambizioso progetto di un Museo di nuova concezione che ancora non esisteva. Si tratta di una sfida impegnativa - in termini di risorse umane ed economiche - che abbiamo consapevolmente deciso di accettare e che ci auguriamo possa diventare una case history di successo» ha dichiarato Natalina Costa, Amministratore Delegato di 24 ORE Cultura. «Quella del MUDEC è una storia lunga e travagliata - ha aggiunto Del Corno - costellata da ritardi e polemiche. Oggi diciamo basta perché Milano non vuole attendere oltre alla vigilia di Expo. Le ultime discussioni con i rappresentanti dell'architetto Chipperfield sono state molto faticose. Ecco perché abbiamo deciso di partire con un evento speciale: un’illuminazione incantevole per l'edificio e inviti gratuiti a disposizione della città».

FONTE: Valentina Tosoni (repubblica.it)

giovedì 26 marzo 2015

Koinè 2015


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ARTISTI PER UN LINGUAGGIO COMUNE DELL'ARTE CONTEMPORANEA

A cura di Virgilio Patarini


Moreno Panozzo presenta Orbite Senza Tempouna installazione di opere molto eteree, realizzate con tutti materiali di recupero (BioArte), a partire dal supporto, cartone di imballaggio e la parte di grafica-texture, “solchi” utilizzando solo cenere e altri materiali provenienti dal recupero della combustione, senza intervento di colore.
PRESENTAZIONE CRITICA

In anni di sempre più rutilante trasformazione, sotto tutti i profili, da quello sociale e politico a quello scientifico e tecnologico, l’arte più che mai si deve interrogare su se stessa: sul proprio ruolo, sulla propria funzione, ma anche e soprattutto sul proprio linguaggio. (Ammesso che quello dell’arte sia un linguaggio). Poiché è proprio attraverso le sue forme, la sua estetica, la sua sintassi, i suoi stili e stilemi, che l’arte può entrare, più o meno, in rapporto con la realtà circostante, con la storia, con la vita degli uomini che la fanno e che ne fruiscono. Un rapporto che può (e forse deve) essere ambivalente: un viaggio di andata e ritorno. L’arte deve subire l’influenza della realtà e del suo divenire, ma deve anche, al tempo stesso, influenzarla e influenzarne, in qualche modo, le trasformazioni. O almeno deve provarci. Non solo lavorando sulle idee, e dunque sulla percezione, sull’interpretazione della realtà, ma anche sulla sua progettazione. Ma perché questo possa accadere occorre che l’arte contemporanea diventi strumento più forte e più duttile al tempo stesso, da una parte recuperando e rinsaldando le proprie radici e dall’altra aprendosi alla molteplicità delle sue (quasi) infinite possibilità espressive ed altrettanto (quasi) infinite concezioni estetiche attuali. Solo così l’arte può entrare efficacemente in rapporto dialettico con una realtà così articolata, stratificata, sfaccettata e complessa come quella contemporanea. Nel corso degli ultimi 150 anni il succedersi delle scoperte scientifiche e tecnologiche ha impresso alla storia dei mutamenti vertiginosamente rapidi e radicali. Allo stesso modo negli ultimi 150 anni il succedersi delle invenzioni e delle trasformazioni sul versante artistico, col succedersi inesorabile e travolgente delle Avanguardie, è stato altrettanto vertiginoso. Ed è ovvio che tra le due cose ci sia un rapporto più o meno diretto di causa-effetto, o per lo meno di osmosi o di contagio. Ora il mondo in cui oggi viviamo è l’inquieto, stratificato, caotico e contraddittorio risultato di tutte queste trasformazioni. E l’arte che può entrare in rapporto con questo mondo non può che essere un’arte capace di raccogliere e sintetizzare l’inquieta, stratificata, caotica e contraddittoria eredità delle Avanguardie e degli ultimi 150 anni di arte contemporanea. E forse anche oltre, poiché in effetti negli ultimi 150 anni, tra un’Avanguardia e l’altra non sono mancati momenti di “Ritorno all’ordine” in cui si è guardato indietro con occhi nuovi alla tradizione pittorica più antica. E anche questi momenti fanno parte del retaggio della Contemporaneità e hanno contribuito a forgiarne le forme.

E questa è la linea che abbiamo seguito in questi ultimi anni nel selezionare opere ed artisti: opere ed artisti che fossero in grado non solo di recuperare e reinventare il retaggio delle grandi Avanguardie storiche, ma anche e soprattutto di sintetizzare e contaminare stili e linguaggi, trovando punti di contatto inediti e suggestivi.

Koinè 2015
Dal 19 al 29 marzo 2015
c/o Complesso Architettonico "Ricci Oddi"
Sala Franco Fervari e Salone d'Onore
via San Siro, 13, Piacenza

Fabbrica Pensante
Viale Sarca 336/f – 20126 – Milano (MI)

redazione@fabbricapensantemilano.com

www.zamenhofart.it
Ufficio di Milano - cell. 366.49.78.189 – 377.46.89.785

 

PROPOSTE PER IL NOSTRO PATRIMONIO CULTURALE




L’altra sera uscendo dalla metropolitana, stazione Colosseo, ho avuto un sussulto di meraviglia, non che non sia abituato, ma la visione del Colosseo illuminato con il fondo blu del cielo e una luna brillante mi ha quasi tolto il respiro. Che meraviglia per Roma e che fortuna poter vivere in questa città. Ma la meraviglia è durata poco, abbassando gli occhi ho visto sporcizia ovunque, venditori ambulanti petulanti, turisti sbracati, traffico rombante e inquinante. Un’angoscia ripiombare nello squallore che avvolge i nostri monumenti.
Risultato delle disfunzioni della burocrazia e delle Sovraintendenze e del sistema in genere, l’Italia con il suo vasto patrimonio archeologico, ha bisogno non solo di investimenti ma di una organizzazione efficiente per essere tutelato e mantenuto in buono stato. Ma ormai sul tema sono state scritte e dette fiumi di parole ma il risultato non sembra cambiare, allora al riguardo vorrei fare alcune proposte.
Il costo di entrata nei musei e nei siti archeologici è irrisorio, (euro 12 per visitare i Fori Imperiali), giovani e studenti, che il sabato sera spendono decine di euro per la discoteca, si lamentano anche di pagare queste tariffe. Gruppi di turisti sfatti dalla stanchezza, girano stravolti nei siti Archeologici con l’unico scopo di una foto ricordo per dire ci sono stato. La sensazione che questo turismo di massa più che esaltare la cultura la banalizza, si consuma l’arte per giustificare la propria ignoranza. Come Artista soffro terribilmente nel vedere questo scempio.
Allora voglio fare delle proposte ragionevoli per cercare di tutelare ed invertire una deriva pericolosa per il nostro patrimonio artistico e culturale e prestare un maggior rispetto da parte di tutti.
Entrata ai siti, musei etc. deve essere guidata da un esperto e deve essere a gruppi prenotati per far cogliere al visitatore gli aspetti storici e culturali del sito, evitando anche che i turisti girino indisturbati senza nessun controllo e liberi di fare quello che vogliono, graffiti o colazione tra i monumenti. Si darebbe così lavoro a giovani archeologi o studenti d’arte con aumento dell’impiego in un settore abbastanza depresso ma vitale per la nostra economia. Quindi il costo dei biglietti d’ingresso deve essere il risultato tra la somma dei costi di manutenzione, di sorveglianza e sicurezza del sito e della guida archeologica che segue il gruppo. In sostanza rendere i siti autonomi dal punto di vista economico, con una semplice divisione: i costi citati diviso visitatori previsti.
Per meglio tutelare la sicurezza del nostro patrimonio culturale suggerisco la militarizzazione dei siti archeologici (Colosseo, Pompei, il Foro Romano etc….) distaccando compagnie di soldati o addirittura localizzando Caserme nei siti stessi. Si ha subito l’effetto di mettere in sicurezza i siti da furti o da atti di vandalismo, a costi bassi.
Concentrazione dei musei Italiani, la creazione di un grande museo a livello nazionale sul modello del Louvre a Parigi o del British Museum di Londra dove possano confluire il patrimonio artistico italiano che risulta troppo disperso sul territorio (vedi esempio Bronzi di Riace) con problemi di alti costi di manutenzione e sorveglianza che i piccoli comuni non possono sostenere.
Massiccio intervento da parte di sponsor privati nel rispetto delle leggi e delle regole previste.
Spero che queste proposte, se pur nella sua “forza” fuori dalla retorica attuale, possano servire ad uscire dall’immobilismo e decadenza cha attanaglia tutta la cultura Italiana, recuperare una dignità e una responsabilità nazionale nella tutela del patrimonio artistico più grande del pianeta.

Autore dell'articolo: Giuliano Governatori

mercoledì 25 marzo 2015

Fotografie surreali e immagini che sfidano la percezione della realtà

Tra Magritte, Dalì e Escher si colloca Erik Johansson. Associazione eccessiva? Forse, ma visto il successo che stanno avendo le incredibili fotografie surrealiste dell’artista svedese (trapiantato a Berlino) potremmo ritrovarci tra qualche anno ad accostare i loro nomi. Sì, perché come i sopra citati artisti anche Erik Johannsson ama giocare con le illusioni visive, con la distorsione della realtà, con gli elementi surreali, inconsueti, creando mondi privi di regole fisiche e matematiche.

Strade che si tagliano e si accartocciano come carta; paesaggi che si avvolgono come un drappo; stanze in cui la geometria è impossibile; cascate di terra e fuoriuscite d’acqua dai quadri; mondi in bottiglia o abbarbicati sulla groppa di pesci giganti; orizzonti come carta da parati, oceani di legno, strade percorribili sotto e sopra. Sono immagini incredibili quelle che l’artista svedese propone (e crea su commissione), ma forse l’aspetto più incredibile è che non si tratta di disegni, ma fotografie.

Erik Johansson è infatti un fotografo innanzitutto, e un vero e proprio mago del ritocco digitale. Egli scatta personalmente le immagini che poi andrà ad elaborare al punto di convertirle dal reale al surreale, fotografando tutti gli elementi che andranno a compiere questa trasformazione. Non utilizza immagini in stock, tutto proviene dalla sua creatività, a volte si tratta di sovrapposizioni di numerose immagini. L’arte di utilizzare Photoshop tra le sue mani diventa magia, e assemblando, montando, sovrapponendo, sciogliendo l’una nell’altra le immagini, creando centinaia di livelli - per chi sa come funziona il programma, egli ottiene lo stravolgimento delle regole fisiche della realtà. Il tutto su paesaggi incantevoli, intatti, scenari naturalistici intervallati da scene domestiche o più raramente cittadine.

Completamente autodidatta, Johansson padroneggia l’arte del fotoritocco e vi applica una creatività surrealista che lo ha reso noto nel mondo della pubblicità (tra i suoi clienti, National Geographic, Google, Adobe, per citarne alcuni) e della comunicazione. Per vedere o acquistare i suoi lavori cliccate qui. Non perdete poi gli interessanti video ‘behind the scenes’, dove si può vedere Erik all’opera.

FONTE: Guilia Mattioli (lastampa.it)

sabato 21 marzo 2015

Giorgio Michetti - Un secolo d'arte" Palazzo della Cultura Cardoso - dal giovedì alla domenica orario 16-19



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Sabato 7 marzo alle ore 17:30 presso il Palazzo della Cultura di Stazzema in Cardoso è stata inaugurata la mostra “Giorgio Michetti: un secolo d’arte”, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Stazzema.
Più di 50 quadri racconteranno l’espressione artistica di Giorgio Michetti, pittore e grafico viareggino, classe 1912: dalle opere che dipinse giovanissimo (allora diciassettenne) per l’esposizione del 1929 a Castiglioncello, fino ai giorni nostri. Una produzione imponente, quella di Michetti, con oltre 2.500 quadri dipinti, della quale si raccolgono nell’esposizione di Cardoso le opere più significative. Il percorso all’interno del Palazzo della Cultura del Cardoso è ricco: dipinti, affreschi, sculture, anamorfosi, opere grafiche, selezionate dallo stesso artista, documentano l’incessante ricerca di un linguaggio pittorico personale.  Si pone l’attenzione sulla continua ricerca di sperimentazioni, tecniche e modi di espressione sempre nuovi e diversi: Michetti stesso la definisce “didattica”.
La mostra presso il Palazzo della Cultura di Cardoso resterà aperta fino a domenica 3 maggio; orario di apertura: da giovedì a domenica ore 16:00 – 19:00. Per info: Ufficio Cultura Comune di Stazzema, 0584/775204

“Sono felicissimo della mostra di Cardoso”- dice Giorgio Michetti. “Pensavo di aver concluso con le mostre ma quando la proposta è arrivata non ho saputo dire di no, dato l'entusiasmo delle persone giovani che la organizzano. Ci sono tanti pezzi, non solo quadri, anche sculture, affreschi, oggetti di design e anamorfosi: mi hanno smontato lo studio! La fatica nell'organizzazione è indubbia ma avere tante cose da fare tiene vivi: io mi stanco quando mi annoio! Il cervello è il motore di tutto. Il mio lavora sempre, giorno e notte, perché ho tantissima fantasia. Però è meglio non sognare e vivere dipingendo".

“Il Comune di Stazzema”- commenta il Sindaco Maurizio Verona- “inaugura la propria stagione culturale ed artistica con una mostra del pittore Giorgio Michetti negli spazi del Palazzo della Cultura in Cardoso che vogliamo far diventare un luogo di dialogo e crescita per la nostra comunità e per il nostro comune. Ho avuto la possibilità di incontrare Giorgio Michetti grazie all’allieva Claudia nel suo studio di Viareggio dove sono raccolte molte delle sue opere di una carriera lunghissima, che affonda le radici nella prima metà del Novecento per giungere sino ai nostri giorni. Di lui mi ha colpito la grande vivacità intellettuale che potrebbe sembrare in contrasto con i suoi 103 anni vissuti in simbiosi con l'arte e questa sua predisposizione a comunicare la sua arte e la voglia di trasferirla a chiunque si trovi a parlare con lui, quasi fosse una necessità. Gli faremo incontrare i giovani di Stazzema e speriamo che sappiano cogliere questa sua freschezza”.

“Questa mostra”- aggiunge l’Assessore alla Cultura, Serena Vincenti- “è una sorta di viaggio didattico, conoscitivo per ripercorrere l’eclettica e varia produzione dell’artista. Da un’arte più tecnica come le incisioni, stampe, disegni a matita e carboncini, a divertissement e grotteschi per giungere agli oli e affreschi su tavola dove le sue pennellate si muovono liberamente, partendo da colori buttati a macchia sulla tavola, colori vaporosi che indicano a Michetti, attraverso punti immaginari e con l’aiuto della fantasia, dove tracciare il segno per mezzo di una “casualità pilotata”, termine con cui talvolta il maestro ama chiamare la sua maniera. Si resta stupiti di fronte ad un artista che ad oltre 100 anni di età non ha ancora interrotto la sua ricerca di linguaggi con cui rappresentare la realtà di ciò che lo circonda, quasi con la necessità, mentre parla, di dover metter su tavola ciò che dice e che diventa immediatamente un disegno o una nuova opera d’arte. Sono certa che la sensibilità pittorica di Giorgio Michetti saprà sedurre il pubblico dell’Alta Versilia e non solo, ritagliandosi uno spazio di grande richiamo e visibilità”.

FONTE: 2muv.it