sabato 28 febbraio 2015

Musica e arti visive oltre l’abisso: a Firenze una mostra ispirata all’Orestea


Fino al 6 marzo «Ultra limen/Danzando sull’orlo dell’abisso»

Dal progetto musicale della band Tribuna Ludu intitolato Le Furie ed ispirato alla trilogia di Eschilo nota come Orestea, nasce l’idea della mostra «Ultra limen/Danzando sull’orlo dell’abisso» che intercetta il significato di questa iniziativa e ne offre un’interpretazione attraverso le opere pittoriche e fotografiche di sei giovani artisti: Denise Calabri, Stefano Cerioli, Luca Masselli, Liliana Occhipinti, Simone Pieraccioni e Paola Spadola.  

Come si legge nel progetto dei Tribuna Ludu, l’Orestea testimonia il conflitto interiore generato dall’incompatibilità fra le pulsioni dell’Es e l’apparato regolatore del Super-Ego. Il risultato di questo conflitto è un percorso accidentato, volto al superamento dei propri limiti interni ed è in tale contesto che la rivolta contro sé stessi sembra l’unica via per superare i cancelli dell’Erebo e giungere finalmente ad una riconciliazione.  

Quello che i giovani musicisti fiorentini esprimono attraverso sonorità che spaziano da spunti avant-rock ed industrial al big beat e all’heavy metal degli anni Novanta, corrisponde, sul piano delle arti visive, ad un’interpretazione altrettanto efficace dell’eterna lotta tra essenza e apparenza, interiorità ed esteriorità, conformismo e autonomia di pensiero.  

Si va da una figurazione incentrata sull’espressività del volto umano (ritratto o autoritratto) inteso come ultimo baluardo di un concetto d’identità che l’era del virtuale ha reso sempre più precario e instabile, ad una scomposizione dell’unità corpo - anima ottenuta attraverso la moltiplicazione dei piani visivi o la convivenza, all’interno dell’opera, di elementi incongruenti e apparentemente disconnessi tra loro.  

Si prosegue con un’intonazione gotico - dark del racconto pittorico, tale da evocare il senso del magico e del mistero che si cela dietro il superamento dei propri confini interiori, e si arriva alla perdita di nitidezza dell’immagine come occasione per rivelare le verità che si nascondono dietro la patina dell’apparenza. 

La mostra presso Simultanea Spazi d’Arte a Firenze sarà visitabile fino al 6 marzo.

FONTE: lastampa.it

venerdì 27 febbraio 2015

Murano. Il museo del vetro riapre e raddoppia

Murano. Il museo del vetro riapre e raddoppia

Una sede espositiva completamente rinnovata per Palazzo Giustinian, che propone la storia e le espressioni più nobili della tradizionale lavorazione artigianale dell'isola lagunare

"Davanti a Santa Maria degli Angeli, le donne muranesi sedute in su le porte infilavano le conterie" scriveva Gabriele D'Annunzio nel secolo scorso. Oggi, quelle "conterie", termine usato per indicare perle e perline, diventano il nucleo del nuovo Museo del Vetro di Murano. Dopo la chiusura temporanea, avvenuta lo scorso dicembre per permettere i lavori a Palazzo Giustinian (dove il museo esiste dal 1861), riapre al pubblico il 9 febbraio, nella stessa storica sede ma con un aspetto totalmente nuovo, a partire dal raddoppiamento degli spazi espositivi, grazie al recupero proprio delle cosidette "ex Conterie". Il restyling, curato da Chiara Squarcina su progetto museografico di Gabriella Belli, direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia e con allestimento di Daniela Ferretti, è stato realizzato grazie al cofinanziamento del Fondo di Sviluppo Regionale dell'Unione europea assegnato dalla Regione Veneto, e al sostegno del Comune di Venezia.

Entrando, al numero civico 8 di Fondamenta Giustinian, oltre alla biglietteria, ai servizi, al museum shop e ai due ascensori che contribuiscono all'abbattimento delle barriere architettoniche, i visitatori trovano a sinistra una timeline in cui sono ripercorse le tappe fondamentali e i cambiamenti della storia vetraria di Murano, documentati con circa cinquanta opere scelte dall'età romana al Novecento. L'attraversamento introduce all'ingresso nello "Spazio conterie" che, nell'Ottocento era il regno degli artigiani "paternostreri", che tagliavano le canne forate, per creare le perline che poi finivano in appositi vassoi, e oggi di quell'epoca conserva archi e linee architettoniche ma trasforma l'ambiente in un moderno "white cube", che non ha più il sapore frenetico e appassionato di quel passato. A destra, spazio alle novità vetrarie più recenti, con la sala del "Vetro contemporaneo", dedicata alla memoria dell'artista Marie Brandolini d'Adda, recentemente scomparsa e famosa per i suoi "goti", bicchieri creati con assemblaggi senza regole di vetri colorati. Qui trovano posto sia opere di artisti italiani che stranieri degli ultimi decenni.

Salendo al primo piano, il percorso espositivo diventa cronologico, suddiviso in otto sale.  Si parte con "Le origini", in cui trovano posto esemplari del vetro muranese che risalgono al medioevo. La seconda sala, la più grande, ripercorre gli anni "Fra Trecento e Seicento. L'età dell'oro", incentrandosi sul periodo del Quattrocento, quando Venezia, e quindi Murano, contestualmente alla crisi della produzione islamica, diventa leader nell'arte del vetro. È il periodo di un maestro come Angelo Barovier (1405-1460) e del vetro puro che diventerà virtuosismo nel Cinquecento, con le creazioni del vetro simili a merletti, messe a punto da Vincenzo d'Angelo dal Gallo e altri vetrai che reinventano tecniche e decorazioni. A partire dal XVI secolo si inizia a parlare di dinastie di vetrai e, proprio alla loro abilità, è dedicata questa sala. Si continua con la terza sezione dedicata al "Settecento tra moda e creatività", la quarta sul "gusto della mimesi tra Settecento e Ottocento: calcedonio e lattimo", la quinta "dal vetro mosaico al millefiori: le murrine", la sesta "tra Settecento e metà Ottocento: il periodo più difficile", la settima sulla rinascita "1850-1895" (tra i protagonisti Pietro Bigaglia, Antonio Salviati) e l'ultima sala, sul vetro e design dal 1900 agli anni Settanta. Sono presenti i lavori di Vittorio Zecchin, Archimede Seguso, Alfredo Barbini, Carlo Scarpa, Napoleone Martinuzzi e di tutti gli altri vetrai che hanno reso unico il patrimonio di Murano, a cui è dedicato l'unico museo specializzato nel vetro artistico e  inserito in un contesto tuttora attivo, in cui fornaci e vetrerie lavorano costantemente, nonostante il periodo di crisi, per salvaguardare competenze e tradizioni ma cercando di tenersi al passo con i tempi.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

martedì 24 febbraio 2015

Musica e arti visive oltre l’abisso: a Firenze una mostra ispirata all’Orestea


Fino al 6 marzo «Ultra limen/Danzando sull’orlo dell’abisso»

Dal progetto musicale della band Tribuna Ludu intitolato Le Furie ed ispirato alla trilogia di Eschilo nota come Orestea, nasce l’idea della mostra «Ultra limen/Danzando sull’orlo dell’abisso» che intercetta il significato di questa iniziativa e ne offre un’interpretazione attraverso le opere pittoriche e fotografiche di sei giovani artisti: Denise Calabri, Stefano Cerioli, Luca Masselli, Liliana Occhipinti, Simone Pieraccioni e Paola Spadola.  
 
Come si legge nel progetto dei Tribuna Ludu, l’Orestea testimonia il conflitto interiore generato dall’incompatibilità fra le pulsioni dell’Es e l’apparato regolatore del Super-Ego. Il risultato di questo conflitto è un percorso accidentato, volto al superamento dei propri limiti interni ed è in tale contesto che la rivolta contro sé stessi sembra l’unica via per superare i cancelli dell’Erebo e giungere finalmente ad una riconciliazione.  
 
Quello che i giovani musicisti fiorentini esprimono attraverso sonorità che spaziano da spunti avant-rock ed industrial al big beat e all’heavy metal degli anni Novanta, corrisponde, sul piano delle arti visive, ad un’interpretazione altrettanto efficace dell’eterna lotta tra essenza e apparenza, interiorità ed esteriorità, conformismo e autonomia di pensiero.  
 
Si va da una figurazione incentrata sull’espressività del volto umano (ritratto o autoritratto) inteso come ultimo baluardo di un concetto d’identità che l’era del virtuale ha reso sempre più precario e instabile, ad una scomposizione dell’unità corpo - anima ottenuta attraverso la moltiplicazione dei piani visivi o la convivenza, all’interno dell’opera, di elementi incongruenti e apparentemente disconnessi tra loro.  
 
Si prosegue con un’intonazione gotico - dark del racconto pittorico, tale da evocare il senso del magico e del mistero che si cela dietro il superamento dei propri confini interiori, e si arriva alla perdita di nitidezza dell’immagine come occasione per rivelare le verità che si nascondono dietro la patina dell’apparenza. 
 
La mostra presso Simultanea Spazi d’Arte a Firenze sarà visitabile fino al 6 marzo.
 
FONTE: lastampa.it

lunedì 23 febbraio 2015

Il Principe dei Sogni al Palazzo del Quirinale

 
I 20 arazzi cinquecenteschi commissionati da Cosimo I de’ Medici a Pontormo e Bronzino sono in mostra a Roma fino al 12 aprile, poi a Milano
 
Da 150 anni nessuno li aveva più visti insieme. Colpa dei Savoia, che avevano smembrato la collezione per portare con loro, a Roma, la parte che ritenevano essere più bella. Senza pensare che quei venti arazzi rinascimentali, raffiguranti la storia di Giuseppe venduto schiavo in Egitto, rappresentano un’unica narrazione di colori e di ori - e che il loro luogo naturale era Palazzo Vecchio, per il quale erano stati pensati e realizzati su ordine di Cosimo I de’ Medici, Granduca di Toscana. 
Oggi sono stati radunati in uno dei saloni più belli e importanti del Quirinale, il Salone dei Corazzieri, e vi resteranno fino ad aprile prima di prendere la strada di Milano, dove saranno al centro di uno degli eventi culturali portanti dell’Expò. 
 
Gli arazzi sono stati oggetto di un complesso e pluridecennale restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e il Laboratorio Arazzi del Quirinale. La loro storia parte con la commissione da parte di Cosimo I de’ Medici tra il 1545 e il 1553. 
I disegni preparatori furono affidati ai maggiori artisti del tempo, primo fra tutti Pontormo. Ma le prove predisposte da quest’ultimo non piacquero a Cosimo I, che decise di rivolgersi ad Agnolo Bronzino, allievo di Pontormo e già pittore di corte, e a cui si deve parte dell’impianto narrativo della serie. Tessuti alla metà del XVI secolo nella manifattura granducale, tra le prime istituite in Italia, furono realizzati dai maestri arazzieri fiamminghi Jan Rost e Nicolas Karcher sui cartoni forniti da Agnolo Bronzino, Jacopo Pontormo e Francesco Salviati. 
 
Cosimo de’ Medici nutriva una particolare predilezione per la figura di Giuseppe, nelle cui fortune vedeva rispecchiate le alterne vicende dinastiche medicee: Giuseppe, figlio prediletto di Giacobbe, tradito e venduto come schiavo dai fratelli, fatto prigioniero in Egitto, riesce comunque, grazie alle sue rare doti intellettuali, a sfuggire alle avversità, a perseguire una brillante carriera politica e a raggiungere posizioni di potere. Abile parlatore, consigliere e interprete dei sogni del Faraone, mette in salvo un’intera popolazione dalla carestia e, infine, dà prova di clemenza e magnanimità, perdonando i fratelli che lo avevano tradito. 
 
Infine, una necessaria comunicazione di servizio: i visitatori possono accedere alla mostra con ingresso gratuito e senza bisogno di prenotazione nei giorni feriali da martedì a sabato dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.30 alle ore 18.30. L’orario di apertura domenicale è dalle ore 8.30 alle ore 12.00 in concomitanza e con le disposizioni dell’apertura al pubblico delle sale di rappresentanza. La mostra rimane chiusa tutti i lunedì, venerdì 6 e sabato 7 marzo, domenica 5 aprile ed eventualmente in occasioni di impegni istituzionali in programma al Quirinale di cui sarà data immediata comunicazione. 
 
FONTE: lastampa.it

domenica 1 febbraio 2015

L’arte di Odeith: i murales prendono vita


L'artista portoghese abbatte i confini 3D, rendendo i suoi murales quasi vivi, grazie alla tecnica dell’anamorfismo…

Una miscela di arti, stili e colori per un cocktail esplosivo, dal retrogusto tridimensionale. Come un bambino che gioca con tutto ciò che gli capita sottomano conferendo nuove vite, l’artista portoghese Odeith vuole rendere reale i suoi sogni e passioni. 
Inizialmente attratto dai tatuaggi, ha aperto un negozio nel 1999 e per 10 anni ha sperimentato le tante possibilità di incisione su pelle sui clienti di Benfica, nei pressi di Lisbona. Ma l'arte di strada continuava ad attrarlo, sino a diventare un artista di murales a tempo pieno.
A Odeith, 38 anni, piace giocare con gli effetti di prospettiva e l’ombreggiatura, permettendo alle sue creazioni una sorta di realismo, quasi tridimensionale. La sua specialità è il murales anamorfico, che deriva da quel processo artistico che consente di creare un'illusione ottica, una sensazione di 3D, comprensibile soltanto da una prospettiva specifica. 
Questa tecnica, approfondita e studiata anche da Leonardo da Vinci, ora è molto popolare in street art e l'arte contemporanea. Per fare un esempio famoso nella storia dell’arte, nella parte inferiore del dipinto Gli ambasciatori di Hans Holbein il Giovane è visibile una strana immagine i cui contorni non si definiscono fin quando non si osserva dal giunto punto di vista. Solo allora si comprende che si tratta di un teschio anamorfizzato.
 Il risultato delle opere di Odeith è eccellente, e basta vedere l’immagine che vi proponiamo per comprenderne parte (dal vivo è ovviamente meglio) di questa potenza. L’opera d’arte sembra uscire dalla parete, sembra dotata di vita propria, e fluttua nell’aria, come una magia. Un abilissimo gioco di luci ed ombre, di linee e texture. Basta spostarsi un po’, infatti, perché l’incantesimo perda il suo effetto. Ma non la sua bellezza.

FONTE: FRANCESCO SALVATORE CAGNAZZO (NEXTA)