giovedì 28 gennaio 2016

Pistoia è la nuova capitale italiana della cultura

Pistoia è la nuova capitale italiana della cultura


La città toscana è stata designata dal Mibact. Ha avuto ragione delle altre otto finaliste, Aquileia, Como, Ercolano, Parma, Pisa, Spoleto, Taranto e Terni. Succede a Mantova


Pistoia: area centrale urbana, ampiezza dei settori toccati, qualità e completezza del progetto. Con queste motivazioni è la regione della Toscana ad aggiudicarsi il titolo della città Italiana della cultura per il 2017, dopo riunioni di sette sedute, per esaminare 24 candidature poi ridotte a 10.

“La sana competizione che si è innescata tra le città è importante e lo sarà sempre di più man mano che crescerà il numero delle località candidate, come accade per gli Oscar” ha detto il ministro Dario Franceschi commentando la vittoria di Pistoia, accolta con applausi e gioia all'interno del salone del Consiglio Nazionale nel Ministero in via del collegio romano, dove la giovane assessore alla cultura della città vincitrice, Elena Becheri, ancora incredula, ha ringraziato tutti. Dopo la designazione di Mantova a capitale italiana della cultura nel 2016, a concorrere come città finaliste per il 2017, sono state nove località: Aquileia, Como, Ercolano, Parma, Pisa, Spoleto, Taranto, Terni e appunto Pistoia.

In ogni caso “nessuna città che non meritava il titolo, a conferma dell'utilità di questo processo avviato” come ha precisato il professor Marco Cammelli presidente della giuria. I criteri per le decisioni, pubblici, e il giudizio collegliale della commissione nonché il progetto del vincitore saranno resi accessibili nella loro completezza, così come è successo per Mantova, capitale italiana di quest'anno.

Tre categorie base sono stata usate come criterio per designare la città vincitrice: qualità informativa dei dossier, qualità della significatività del progetto e, infine, la sostenibilità. Il titolo di “città italiana della cultura” è stato istituito, in sostanza, per stimolare una cultura della progettazione, sollecitando tutti i territori a vedere lo sviluppo culturale come volàno di progresso economico e di coesione sociale. Il fine ultimo è quello di valorizzare i beni culturali e paesaggistici e migliorare i servizi rivolti ai turisti, sviluppando industrie culturali e creative; favorendo processi di rigenerazione e riqualificazione urbana.

La capitale europea della cultura toccherà all'Italia ogni 14 anni, quindi, dopo Matera 2019, la prossima volta sarà nel 2033 (quest'anno lo sono San Sebastian in Spagna e Breslavia in Polonia). Ma cosa fare per non disperdere le bellezze dell'Italia nel frattempo?  L'Italia è il Paese delle grandi città d'arte ma anche dei borghi, dei comuni, delle grandi città, per questo si è pensato di introdurre il titolo di Capitale italiana della cultura, che prevede anche un finanziamento per un programma annuale, grazie al quale, una città, può farsi conoscere da tutti e al meglio.

Quest'anno, con la nuova selezione a cui si è lavorato da ottobre ad oggi, si inizia a dimostrare con cadenza e tempistica giusta, che il motore che si è acceso con la nascita delle città della cultura inizia a funzionare. L'iniziativa è volta a sostenere, incoraggiare e valorizzare la autonoma capacità progettuale e attuativa, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della cultura per la coesione sociale, l'integrazione senza conflitti, la conservazione delle identità, la creatività, l'innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo. Il titolo di "Capitale Italiana della Cultura" è conferito per la durata di un anno.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

sabato 23 gennaio 2016

Il 2016 in 12 mostre

Da Umberto Boccioni a Piero della Francesca, da Hieronymus Bosch a Jean Dubuffet una carrellata tra le esposizioni da vedere nell’anno che si apre

Finita la sbornia delle biennali che hanno segnato, da Venezia a Istanbul, il 2015 l’anno che ci attende vede in primo piano mostre e fiere legate ad anniversari: i cent’anni di Boccioni a Milano, i cinquecento di Bosch, tra l’Olanda e il Prado, i seicento di Piero della Francesca a Forlì e ancora i quaranta di Arte Fiera a Bologna, con un ricco cartellone di iniziative collaterali. Ferrara si accinge a celebrare tra arte e letteratura il mezzo millennio di Ludovico Ariosto. Nel campo del contemporaneo in Italia è senz’altro una buona notizia la riapertura, il prossimo autunno, del Centro Pecci di Prato, così come si attendono i programmi di Carolyn Christov-Bakargiev per Rivoli e Gam di Torino. A Torino l’anno si apre con gli scatti dagli archivi di polizia a Camera, il neonato centro per la fotografia. 

Meritano un viaggio a Venezia nel 2016 sia la retrospettiva di Polke a Palazzo Grassi, sia l’esposizione dei vetri di architetti viennesi di primo novecento in arrivo da Vienna alla Fondazione Cini. A Roma ci aspetta alle Scuderie del Quirinale la mostra su Correggio e Parmigianino, ma anche la grande rassegna sui rapporti tra Italia e Giappone. La Fondazione Beyeler di Basilea inizia l’anno con una retrospettiva sui paesaggi di Jean Dubuffet e lo finisce con una mostra su Kandinsky e il Cavaliere Azzurro. Al Centre Pompidou di Parigi da non perdere l’esposizione sull’ironia di Paul Klee in primavera ma anche quella su Magritte in autunno. Sempre a Parigi il Jeu de Paume propone in primavera l’artista portoghese Helena Almeida e in estate Jan Sudek. Alla Tate Modern di Londra in arrivo Georgia o’ Keeffe, alla Royal Academy i ritratti di David Hockney. Il Whitney Museum di New York apre con gli emergenti di Flatlands.  

PIERO DELLA FRANCESCA  
Indagine su un mitoè il titolo della mostra che i Musei di San Domenico di Forlì dedicano a Piero della Francesca dal 13 febbraio al 26 giugno per i 600 anni dalla nascita.

FONTE: Rocco Moliterni (lastampa.it)


mercoledì 20 gennaio 2016

Stampe, fotografia e non solo. Il 2016 è l'anno del Giappone

Stampe, fotografia e non solo. Il 2016 è l'anno del Giappone


Per il 150mo anniversario dei rapporti tra Belpaese e l’isola nipponica, al via un calendario ricco di eventi con grandi mostre. Da Roma a Milano, ecco il calendario completo


Correva l’anno 1866 quando venne stipulato il “trattato di amicizia e commercio” tra il Giappone e l’Italia. Cinque anni prima, nel 1861, il nostro Paese festeggiava l’Unità,  due anni dopo, nel 1868, Tokio diventava capitale; nel 1870 lo diventava anche Roma.

Poi una guerra  mondiale, la prima, nel 1914, e, nel 1920, il primo volo Roma-Tokio voluto e sperimentato dai due aviatori Arturo Ferrarin e Guido Masiero: un raid ispirato niente di meno che da D’Annunzio, era l’Eurasia, non si immaginavano ancora neanche lontanamente i Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). Nel 1930 ci fu la prima esposizione d’arte giapponese al Palazzo delle Esposizioni di Roma e, da allora, mostre e scambi culturali si sono susseguiti senza mai fermarsi. Quest’anno, nel 2016, si festeggia il centocinquantesimo anniversario della firma del trattato di amicizia, con un programma di eventi, appuntamenti artistici, concerti, che mirano a dimostrare che i rapporti vanno sempre bene, come ne han già dato prova i cinque incontri bilaterali avvenuti in due anni tra il premier italiano Matteo Renzi e il Primo ministro giapponese Shinzo Abe. Le eccellenze artistiche fanno parte tanto del Belpaese quanto del Giappone e così, mentre al Tokyo Metropolitan Art Museum si tiene una grande mostra di Botticelli, noi avremo un fitto programma di appuntamenti artistici: più di 80 mostre e eventi realizzati con partner come Mondomostre, Skira, Japan Foundation - Istituto Giapponese di Cultura di Roma, Maxxi, Fondazione Italia-Giappone e altri.

Si tratta di un calendario in continuo aggiornamento, che prevede spettacoli teatrali, concerti, danza, rassegne cinematografiche, senza dimenticare architettura e design, letteratura, tecnologia e fumetto. Proprio quest’ultimo sarà protagonista di una piccola mostra itinerante della Japan Foundation: l’esposizione debutterà il 5 febbraio proprio a Roma, presso la sede dell’Istituto Giapponese di Cultura (fondato nel 1962), e si focalizzerà sullo Hokusai manga, genere diverso dal fumetto contemporaneo come si vedrà attraverso pannelli, stampe, libri illustrati d'epoca, tavole e altro. A fine maggio, all’Ara Pacis, sarà la volta della fotografia, con una retrospettiva del realista Domon Ken (1909-1990), di cui sono famosi  i ritratti di bambini sorridenti scattati durante la guerra. “Tutti gli scatti esposti arriveranno dal museo di Sakata, città natale del fotografo”, ha anticipato Rossella Menegazzo, esperta di storia dell’arte est-asiatica che cura la mostra. In piena estate, a luglio, sarà la volta della scultura, in particolare di quella buddhista, che avrà il suo posto di rilievo alle Scuderie del Quirinale di Roma. Dopo l’estate, invece, toccherà a Milano, dove, a Palazzo Reale, inaugurerà, nel mese di settembre, l’esposizione su Hokusai, Hiroshige e Utamaro che porterà per la prima volta in Italia la rara collezione di stampe proveniente dal Museum of Art di Honolulu.

Al Maxxi, inoltre, dal prossimo ottobre, si scoprirà con una mostra “L'Architettura residenziale del Giappone Contemporaneo”. L’architettura e il design nipponico saranno protagonisti anche prima: ad aprile, sia con il Salone del Mobile di Milano che alla Triennale, con la presenza di Hara Kenya e, a maggio, durante la Biennale di Architettura di Venezia con un padiglione il cui tema sarà “En: beyond sharing”, un focus con 4 ottiche diverse di prassi architettoniche delle giovani generazioni, mentre, a Roma, si potrà ammirare un’illuminazione realizzata da due famose artiste della luce: sono madre e figlia, Motoko e Akari Lisa Ishii, e daranno un nuovo aspetto alle antiche vestigia del Colosseo.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

lunedì 18 gennaio 2016

Flamenco Primitivo, i modernisti trasformati


Narelle Jubelin riproduce su tessuto quadri famosi dell’epoca moderna

Narelle Jubelin è un’artista australiana residente in Spagna a cui la galleria Marlborough Contemporary di Londra dedica una mostra personale (la seconda) con i lavori più recenti dell’artista. La sua peculiarità? Tradurre le culture visive, al di là del mezzo e dei luoghi di appartenenza, a partire dall’eredità lasciata dai Modernisti

 Flamenco Primitivo è il titolo della mostra londinese, e omaggia le performance del cantante Niño de Elche, che ha rotto la tradizione reinventando il flamenco, recitando poesie di T.S. Eliot e indossando t-shirt con opere di Francis Bacon. Anche Narelle Jubelin opera in un campo cross-disciplinare, e utilizza le opere dei modernisti come punto di partenza per esplorare i significati culturali degli oggetti. Nelle sue opere riprendono forma attraverso la tessitura concetti, quadri, tavole famose di Anni Albers, Lina Bo Bardi, Lee Bontecou, José Guerrero, Hannah Höch, Ree Morton, Pablo Picasso, Mira Schendel, per citarne alcuni. 

 Un lavoro elaborato di filatura e cucito, in cui immagini iconiche rinascono, spesso in scala, sotto nuove sembianze pur rimanendo riconoscibili. Ma l’artista non si limita a riprodurre e reinventare: a modo suo, offre spunti di pensiero critico rispetto a temi come la ‘canonizzazione’ di alcuni artisti, e la complessità del definire l'arte e la storia dell’arte. Tuttavia non è solo attraverso ago e filo che Narelle esaurisce la sua pratica: in mostra anche opere in bronzo che ruotano attorno ad un altro tema a lei caro, quello delle distanze geografiche e delle differenze culturali. 


FONTE: lastampa.it

domenica 17 gennaio 2016

A Parigi picari, monaci e furfantinel bel mondo di Magnasco

Alla Galerie Canesso l’artista secentesco definito il Paganini della pittura. A febbraio le sue tele approderanno ai Musei di Strada Nuova di Genova

Era il periodo in Italia dei pomposi ritratti imparruccati di Pompeo Batoni o degli angioletti vaporosi, svolazzanti dei Tiepolo. In Francia c’erano le arcadiche Feste Galanti di Watteau, che avrebbero suggestionato Verlaine, le silenti nature morte, già morandiane, di Chardin, o i chiavistelli libertini di Fragonard (pittore profumato, cui il parigino Musée de Luxemburg dedica una fastosa, sciroppante retrospettiva). Ma ecco lo choc: se d’incanto si balza, in rue Lafitte 26, nella valorosa Galerie Canesso, tutto miracolosamente si spegne ed arde, i colori si svenano, come per una rabbuiata e cospirante messa nera, dalle tombe zampillano cadaveri, quasi fossero putrescenti grilli malefici, e si finisce regalmente soggiogati, impantanati in antri scuri e muscosi. Tra tangheri che cospirano nel buio, gitani che brandiscono armi affilate ed arzigogolate, come riccioli ribelli e sinistri, e monaci scalcagnati. Eccolo qui, il malmostoso artista Magnasco, che con un camicione usurato e tremante da febbre malarica, sotto un cappellaccio da brigante, si rappresenta come Pittor pitocco, in un misero contesto slabbrato. Tra una zingara sbrecciata, che sotto una finestra caravaggesca offre sfrontatamente le poppe ad un bimbo ignudo, ed un «birbo» cencioso, un ciarlatano da strada, accartocciato come una bestia, che bercia a bocca sguaiata.  

Alessandro Magnasco, venne definito dal Bonzi «il Paganini del pennello», perché era genovese come il sulfureo e virtuoso «mago delle Streghe e del Moto Perpetuo» e perché «la sua scrittura inimitabile ha caratteri musicali più che grafici, con pizzicati, crescendi, fortissimi e pianissimi». Dipingeva in effetti capricci, toccate lambiccate, invenzioni macabre, che all’epoca venivano demonizzate, come «arte della forfanteria» stregonesca e minacciosa. Disprezzata per le tematiche «basse, abjectes, pas noble», come testimonia un intenditore raffinato quale il Mariette. Nato nel 1667 figlio di un modesto pittore, allievo però del movimentato, barocco Valerio Castello, il Lissandrino, soprannominato così perché era mingherlino di costituzione e dagli «occhi canzonatori», lo racconta il suo biografo Ratti, molto prima di Goya e di Füssli o di John Martin, incomincia a inzuppare la sua fosca pittura di gitani, di furfanti, di pitocchi, di «moineries», ovvero di fraterie gremite e cenciose. Persino la natura allucinata pare partecipare surriscaldandosi, come nella rapinosa onda scarmigliata del Sant’Agostino e l’angelo, che è una sorta di parabola allegorica visualizzata. «Nessuno mai prima aveva fatto sibilare il vento e muggire le onde così», scrive il Sambon. Sant’Agostino dispiega (tra alberi che paiono accendersi come zolfanelli e l’ondata, che tutto pare travolgere) ch’è vano cercare di afferrare le troppe nature di Dio, come tentare di vuotare il mare con un cucchiaino.  

È il mondo da romanzo nero e gotico, che la Spagna retrograda ed inquisitoria lascia all’Italia occupata, andandosene: la Spagna dei romanzi picareschi di Quevedo, di Mateo Alèman e del Lazarillo de Tormes, che Magnasco ben conosceva, frequentando le colte famiglie aristocratiche di Milano: i Borromeo, gli Archinto, i Durini. Ma anche il Granduca di Firenze, Ferdinando, che probabilmente gli fa conoscere le stampe miserabiliste delle Miserie della Guerra di Callot e ascoltare il Trillo del Diavolo di Tartini. O i virtuosismi barocchi del suo cortigiano Corelli. È lo stesso mondo del bergamasco Ceruti, detto non a caso Pitocchetto, che però era di trent’anni più giovane di lui, ma che pone lo stesso problema: quale nobile magione di committenti poteva accogliere in casa e richiedere iconografie così scomode e personaggi così cenciosi e ricattatori? Certo, una classe avvertita ed anti-conformista, che da spagnola si fa austriacante ed avverte precoce i venti dell’albeggiante rivolta illuminista.  

Il gallerista italiano Canesso, che ha avuto quest’ardimento museale di far conoscere alla Francia un pittore così negletto come il Magnasco, che ha richiamato visitatori illustri come Rosenberg, Fumaroli, o il pittore Barcelò, con una mostra curata da Fausta Guelfi, che avrà una tappa anche al Palazzo Bianco di Genova, con opere diversificate, ricorda come fu l’italianista Dante Isella a spiegargli la Milano di Magnasco e di un grande commediografo satirico come il Maggi. È la Milano riformista e dotta, che con Magnasco accoglie pure il libertario Muratori e di Scipione Maffei, dei quali il pittore pare mettere in immagine i testi, contro la superstizione religiosa e l’oscurantismo. A Milano arrivano i Quaccheri, e lui li racconta con minuziosità, così come fa con le lezioni dei monaci fratacchioni e catechisti, che son tenuti ad acculturarsi, e hanno ruoli specifici, pittoreschi. Il Pescatore che va a ricercare i ritardatari, il Silenziere con brubero campanello, per rimbrottare i renitenti ed il Cancelliere, che insegna a compitare e far il segno della Croce. Ma c’è anche malizia mozartiana, quando Magnasco «pizzica» le monache mondane, che si fanno acconciare vezzose dalle novizie i veli maliziosi, sorbiscono la demonica bevanda del Cioccolatte, col mignolo ritto, e hanno appena deposto il sensuale violoncello, riflettendosi in proibite, vanitose specchiere rococò. Così che nell’allegorico salotto delle Arti irrompono i simbolici cinghialetti della lussuria, specchiandosi anche loro, vanitosi, e travolgendo goffi cavalletti e mappamondi. Ma Magnasco è anche un magistrale tele-cronista ante-litteram, quando descrive con flash raccapriccianti il furto sacrilego, in una chiesa vicino a Pavia.  

Alessandro Magnasco  
Parigi, Galerie Canesso.  
Fino al 31 gennaio.  
Genova. Musei di Strada Nuova. 
dal 25 febbraio  

FONTE: Marco Vallora (lastampa.it)

martedì 12 gennaio 2016

Mostra Matisse a Torino


Palazzo Chiablese in Piazzetta Reale a Torino ospita fino al 15 maggio 2016 una mostra che mette sotto i riflettori i capolavori di uno dei massimi esponenti della corrente artistica dei Fauves, Henri Matisse..
L’esposizione “Matisse e il suo tempo”, a cura del conservatore delCentre Pompidou di Parigi Cécile Debray, si snoda attraverso una selezione di oltre 100 opere di Matisse e di altri maestri del Nocevento, da Picasso a Renoir, da Modigliani a Mirò.
Tra le 50 opere del maestro francese arrivate all’ombra della Mole dalCentre Pompidou vi segnaliamo Icaro (della serie Jazz del 1947), Grande interno rosso (1948),Ragazza vestita di bianco, su fondo rosso (1946) che sono messe a confronto con i quadri diPicasso, come Nudo con berretto turco (1955), di Braque, come Toeletta davanti alla finestra(1942), di Léger, come Il tempo libero – Omaggio a Louis David (1948-1949).
Il percorso espositivo contempla 10 sale e conduce dagli esordi di Matisse e gli indefettibili legami d’amicizia che egli stringe con i condiscepoli dell’atelier di Gustave Moreau all’École des Beaux-Arts fino ai lavori in cui fa usa del guazzo ritagliato, una nuova tecnica che avrà conseguenze notevoli sul lavoro degli artisti delle generazioni successive.
Il catalogo concepito e curato da Cécile Debray comprende saggi introduttivi a ciascuna sezione e testi che approfondiscono aspetti specifici.
Il biglietto d’ingresso a “Matisse e il suo tempo” è un’originale idea regalo da mettere sotto l’Albero di Natale degli appassionati di arte. La rassegna resterà aperta anche  il 24 dicembre (9.30 – 17.30), il 25 dicembre (14.30 – 19.30), 26 dicembre (orario regolare), 31 dicembre (9.30 – 17.30), 1 gennaio (14.30 – 19.30), 6 gennaio (orario regolare).

FONTE: luxgallery.it

martedì 5 gennaio 2016

Da Piero della Francesca a Christo, tutta l'arte dell'anno che verrà


Se il 2015 è stato segnato da grandi numeri con la straordinaria affluenza alla Biennale di Venezia il 2016 darà spazio alla tradizione non trascurando le più audaci novità. Il Cinquecento di Parma, Picasso e Ai Weiwei tra gli appuntamenti di cartello


Il 2015 è stato l'anno dell'Expo e molte manifestazioni culturali hanno voluto offrire sostegno al grande evento, tanto che i principali spazi espositivi, in particolare quelli delle più importanti città del nord, hanno proposto esposizioni che contemplavano il tema dell'alimentazione. Infatti, al secondo posto delle mostre più visitate del 2015, dopo la 56/a edizione della Biennale di Venezia, si è piazzata 'Van Gogh. L'uomo e la terra', che nella Milano dell'Expo ha richiamato ben 355.292 persone.

Invece il 2016, sgombro da appuntamenti con alto richiamo turistico laico, cosa offrirà agli amanti dell'arte? Partiamo dalle mostre inaugurate negli ultimi giorni del 2015, che proseguono nell'anno nuovo e sono di notevole valore come Matisse e il suo tempo, che si è aperta da due settimane a Torino, ospitata aPalazzo Chiablese e rimarrà aperta  fino al 15 maggio prossimo. Curata da Cécile Debray conservatore presso il Musée national d'art moderne-Centre Pompidou, per mezzo di confronti visivi rende possibile cogliere non solo le sottili influenze reciproche o le fonti comuni di ispirazione tra le  opere di Matisse e quelle di artisti a lui contemporanei, ma anche una sorta di "spirito del tempo", che unisce Matisse a movimenti e periodi poco studiati, come il modernismo degli anni Quaranta e Cinquanta. Picasso e le sue passioni è la mostra  che si sta svolgendo a Pavia a Palazzo Vistarino, fino al 20 marzo 2016. Oltre 200 opere tra disegni, ceramiche e oli, provenienti da importanti raccolte private di tutto il mondo e dal museo di Mija a Malaga, indagano i temi e le passioni che hanno dato vita alla creatività di Pablo Picasso.

Gennaio è il mese in cui Bologna diventa la capitale dell'arte, con Artefiera  (29/1 - 1/2). Così, alla Galleria d'Arte Maggiore G.A. M. il 18 gennaio, torna la Popart . Dopo i numeri record di registrati per la mostra di Andy Warhol è ora la volta di Robert Indiana. Tra le opere esposte nella mostra, a cura di Franco e Roberta Calarota e promossa dalla figlia Alessia, non poteva mancare la famosa scultura Love presentata in diverse varianti, insieme ad alcuni dei lavori più importanti come Amor, e l'artistica serie dei numeri.Febbraio lascia spazio alla tradizione con una mostra eccezionale che vuole presentare sotto una luce diversa uno dei nostri più grandi maestri del primo Rinascimento: Piero della Francesca, indagine su un mito. Impresa difficile quella proposta al Musei San Domenico di Forlì (13/2 - 28/6), perché riunire un nucleo adeguato di sue opere è già operazione complessa, in più viene proposto un confronto con altri artisti del Rinascimento, da Domenico Veneziano, Beato Angelico, Paolo Uccello a Andrea del Castagno, ma l'operazione si spinge oltre, indagando il mito del maestro quando rinasce nell'epoca moderna.

Nello stesso giorno, il 13/2, Milano apre le porte di Palazzo Reale alla mostra: Simbolismo. I fiori del male. Un'occasione unica per ammirare una ricca panoramica su una delle correnti più originali della storia dell'arte. Artisti come Segantini, Redon, Bocklin, Moreau, James vogliono catturare il senso profondo della vita, della morte, delle passioni, delle paure, affiancati dalle parole simboliste delle poesie di Baudelaire o dalle musiche allucinatorie di Wagner o Debussy, in un lavoro corale.

Spostandoci a Roma da febbraio il Maxxi presenta le prime novità. Si comincia con la mostra dedicata aJimmie Durham, artista, poeta, attivista politico statunitense, tra le figure più interessanti dello scenario internazionale - che presenta quattro lavori, due audio e due video, realizzati tutti in Italia. Sempre a febbraio prende il via Pierluigi Nervi. Architetture per lo sport che attraverso disegni, materiali d'archivio, fotografie d'epoca, elaborazioni grafiche originali e modelli illustra dieci progetti di Nervi per gli stadi in Italia e all'estero. E anche nel  2016 prosegue il progetto Alcantara-Maxxi, alla quinta edizione, che questa volta racconta il confronto tra Oriente e Occidente, mettendo in relazione dieci capitali delle due macro sfere geo-politiche interpretate da nove autori. 

Torniamo a Milano perché il mese successivo, marzo, al Mudec, il Museo delle culture e precisamente il 24/3 viene inaugurata la mostra dedicata a Joan Mirò. Presenta le opere sognanti dell'artista spagnolo, che seppe coniugare fantasia e colore, creando un linguaggio  estremamente personale. Ad aprilel'Hangar Bicocca, straordinario spazio milanese dedito all'arte contemporanea propone un artista da considerarsi ormai un classico dell'arte più recente: Carsten Höller. L'artista belga nella mostra Doubtpresenta una ricca selezione di opere storiche e di nuove produzioni che "scardinano le certezze del mondo che le circonda". Per la primavera ci spostiamo nella capitale.

Roma è attesa un'importante esposizione dall'alto contenuto scientifico alle Scuderie del Quirinale:Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento a cura di David Ekserdjian, che ha dedicato gli ultimi trentacinque anni allo studio della Scuola di Parma producendo numerose pubblicazioni. La mostra presenterà la straordinaria stagione dell'arte parmense della prima metà del cinquecento, mostrando come la grande arte del Rinascimento italiano non si limitò esclusivamente al perimetro dei tre principali centri di Firenze, Venezia e Roma.

Ancora al Maxxi a marzo sarà la volta del progetto Amos Gitai. Cronaca di un assassinio annunciato,che  nasce dal film presentato nella sua versione integrale alla mostra del cinema di Venezia, Rabin the last day: omaggio a Itzhak Rabin a vent'anni dalla sua morte e  tentativo di ritrarre la crescente crisi della società israeliana di oggi. 

Passando decisamente ad un'altra dimensione dell'arte, l'Associated Press ha stilato un elenco di mete ed eventi imperdibili nel 2016: insieme alle Olimpiadi di Rio de Janeiro e alla Cuba resuscitata dal disgelo con gli Stati Uniti, un posto rilevante è stato assegnato all'Italia che oltre al fiume di pellegrini per l'anno giubilare, sul fronte creativo è segnalata per l'importante ritorno di Christo. L'artista bulgaro francese, noto per aver impacchettato monumenti in tutto il mondo, inaugurerà un nuovo, ambizioso e per lui perfetto progetto di Land Art: camminare sulle acque del Lago d'Iseo. L'installazione intitolata "The Floating Piers",  tramite un sistema modulare di pontili permetterà una passeggiata di oltre tre chilometri, a pelo d'acqua collegando le isole alla terraferma, dal 18 giugno al 3 luglio 2016.

Concludiamo con un altro evento d'arte contemporanea. Firenze si prepara ad accogliere nel prossimo autunno, a Palazzo Strozzi, una grande mostra dedicata ad uno dei più influenti artisti viventi, Ai Weiwei. L'artista cinese, protagonista di importanti battaglie politiche per la libertà di espressione e la difesa dei diritti umani, ha già fatto un sopralluogo a sorpresa nel capoluogo toscano, e dal 22 settembre fino a gennaio 2017, realizzerà installazioni che uniranno per la prima volta il cortile, il piano nobile e la Strozzina, in un unico ininterrotto sistema artistico.

FONTE: Valentina Tosoni (repubblica.it)

sabato 2 gennaio 2016

Il 'museo dei cuori infranti'

A Zagabria, una collezione di cimeli che raccontano la fine delle storie d'amore

Quante volte aprendo una vecchia scatola, un cassetto, un diario, riemergono fotografie, oggetti, lettere di amori passati. A volte troppo ingombranti per restare con noi, ma troppo preziosi per essere buttati: ora questi ricordi hanno un nuovo luogo di appartenenza, addirittura un museo ad essi dedicato. AZagabria, in un palazzo settecentesco del centro storico, ha sede uno dei musei più curiosi d'Europa: "Muzej prekinutih veza" o Museum of broken relationships, noto come "museo dei cuori infranti". Qui gli oggetti appartenenti a relazioni finite vanno a far parte di una grande opera d'arte partecipata, un rito di esorcizzazione collettivo, ma anche un monumento a ciò che è stato. L'idea nasce proprio da una storia di amore finita, quella tra l'artista Drazen Grubisic e la produttrice Olinka Vistica; una volta separati, i due decisero di creare qualcosa perché quello che era finito non sparisse del tutto, realizzando così una mostra nel 2006. Presentata per la prima volta al 40° Salone dell'arte applicata e del design di Zagabria, la mostra è stata ospitata con enorme successo in moltissime città d'America, d'Europa e d'Asia. Da New York a Città del Capo, Istanbul, Londra e Singapore, e ad ogni tappa acquisiva cimeli e ricordi di relazioni sentimentali finite. Il pubblico infatti poteva donare un oggetto all'esposizione, prendendo parte alla creazione che così cresceva e cambiava ad ogni tappa. Ancora oggi la mostra viaggia nelle maggiori città del mondo, ma è a Zagabria che ha trovato la sua fissa dimora dal 2010. 
 Il museo è articolato in tre parti. La prima è virtuale: www.brokenships.com è il sito dove è possibile condividere in rete la propria esperienza, i ricordi e i luoghi dell'amore finito; c'è poi lo spazio fisico del museo, dove gli oggetti vengono esposti e sostituiti ciclicamente con i nuovi arrivi; infine c'è una parte interattiva, la 'Stanza delle Confessioni', nella quale i visitatori lasciano dichiarazioni personali (in formato audio) legate alla loro vita di coppia. Il percorso espositivo mostra centinaia di reperti sentimentali provenienti da tutto il mondo. Totem di amore e di rabbia, dai classici pelouche, ai bigliettini, passando per anelli, fotografie, fino a feticci più bizzarri: nani da giardino distrutti durante una lite, un'ascia, una gamba artificiale di un reduce, un sacchetto di pasticche di ecstasy. E ancora: telefoni, scarpe, compilation romantiche, collezioni intere di dischi. Pezzi di vita che possiamo ritrovare nelle nostre storie individuali, spesso simili, al di là dei confini geografici e delle nazionalità, ricordi universali in cui tutti possono riconoscersi. L'idea che ispira questo progetto non è legata al sentimentalismo o alla malinconia, ma ruota totalmente intorno al superamento del senso di fallimento che lasciano le relazioni amorose finite. Alla base c'è il desiderio di andare oltre il puro dolore, c'è l'elaborazione della sofferenza e quindi la rinascita e il conforto che questi oggetti, piccolo tesori perduti, posso portare una volta raccolti ed esposti. Si offre la possibilità di liberarsi del concetto di fallimento grazie alla creazione e alla partecipazione: che sia per una sorta di liberazione terapeutica o per semplice curiosità, le persone decidono di esibire la loro storia in un rito, in una sorta di cerimonia collettiva e solenne.  

FONTE: lastampa.it